La situazione economica dell’Italia nel suo complesso
Chi fa politica da anni conosce un trucco, ridicolo ma efficace: non c’è miglior modo di essere imprecisi che citando cifre e numeri. Questo perché la realtà è sempre chiaroscura, e chi sa giocare sulle ampie questioni trova sempre dati a favore della sua tesi – ad esempio, un piccolo paradosso: quando l’economia è in ripresa dopo una crisi, può succedere che la disoccupazione aumenti perché molti tornano a cercare attivamente un lavoro visto che aumenta la speranza di trovarlo.
O anche il paradosso per cui IN TEORIA la legge italiana sulle pensioni è la più severa in Europa, ma l’età media reale di pensionamento in Italia è poi tra le più basse del continente. Per cui, al contrario di quanto mi richiede la redazione, non parlerò di cifre, ma di tendenze generali che hanno effetto sulla situazione economica. Almeno, secondo il mio modestissimo parere e senza alcuna voglia di prendermi troppo sul serio.
– L’Europa ha retto. Non troppo tempo fa in molti favoleggiavano della fine dell’Europa e dell’Euro. Mediante politiche discutibili, con la simpatia di una faina e il calore umano di uno spartineve in azione, le politiche monetarie e di bilancio messe in atto da UE e BCE hanno però retto. L’Euro non è più visto come una moneta a rischio, i paesi più in crisi (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) stanno riprendendosi dalle cure di cavallo attuate in piena crisi e il crollo di prestigio internazionale dei tre grandi nemici dell’UE (Putin, Trump e Brexit) sta dando fiato e forza all’Unione e al suo Mercato Unico.
– L’industria di Stato sta facendo la sua parte – tra le prime venti imprese italiane ce ne sono sette a controllo statale e globalmente già negli anni scorsi hanno attuato forti politiche di volte alla loro efficienza. Di conseguenza, oggi lo Stato ha a sua disposizione per portare avanti le sue politiche alcuni nuovi strumenti molto più efficaci di un tempo, perché capaci di restare sul mercato. Alcune di queste poi stanno crescendo molto all’estero (ENI, Leonardo, Fincantieri e Trenitalia), aumentando il ruolo internazionale del nostro paese.
– E’ in ripresa l’economia reale – quella su cui l’Italia è sempre stata più forte, agricoltura, manifattura, servizi alle persone non finanziari. Certo, il prezzo è stato carissimo, ma ci troviamo un’economia con più possibilità rispetto a qualche anno fa.
– Gran parte della spesa pubblica è in grossa difficoltà. Il taglio effettivo più pesante della crisi si è sentito nell’amministrazione pubblica. Tagli successivi, riforme spesso appena cominciate e il “combinato disposto” di una struttura molto spesso vecchia che non può permettersi di rinnovarsi è molto spesso un freno. I costi diretti delle amministrazioni sono scesi, i costi indiretti probabilmente no.
La situazione del mondo del lavoro è invece più fluida e discutibile – impossibile riuscire a capire quanto la ripresa sia stata lanciata dal Job Act o se si tratta solo di coincidenza temporale. Di fatto, per molti settori, i nuovi contratti lavoro sono peggiori di quelli della generazione dei nostri genitori ma un po’ migliori in termini di garanzie di quelli precari che avevano i nostri fratelli maggiori.
Di fatto, quindi ci troviamo uno scenario economico complessivo migliore rispetto a quello degli ultimi anni, probabilmente strumenti migliori per affrontare il futuro, ma siamo ancora esausti per le cure di cavallo che abbiamo dovuto fare.